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Ecco come Bill Gates è diventato “padrone” dell’Oms

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) è l’autorità globale più importante per quanto concerne la salute, il contrasto alle malattie e la tutela di corretti stili di vita. Un’istituzione tanto importante dovrebbe promuovere una visione della sanità capace di rispondere all’interesse collettivo e, soprattutto, di trovare soluzioni alla grande piaga costituita dalla permanenza, nei Paesi meno sviluppati, di focolai di epidemie potenzialmente devastanti, dall’ebola al colera passando per il morbillo, nel rispetto massimo del principio della trasparenza.

Mandatory Credit: Photo by Masatoshi Okauchi/Shutterstock (9971547g) Bill Gates Bill & Melinda Gates Foundation ‘Our Global Goals’ announcement, Tokyo, Japan – 09 Nov 2018

Trasparenza, tuttavia, che all’Oms non sembra essere la regola. Essa, per il biennio 2016-2017, ha utilizzato un budget da quasi 4 miliardi e mezzo di dollari. Tuttavia, come scrive La Verità, esso è stato per l’87% finanziato da contributi di aziende private che hanno coperto la graduale ritirata dei finanziamenti degli Stati ma sono stati in larga misura vincolati alla realizzazione di progetti commissionati dagli stessi donatori. 

Si parla di finanziamenti earnmarked, ovvero condizionati al rispetto di una precisa agenda. E come scrive il quotidiano milanese, citando dati del British Medical Journal, “nel 2017 l’ 80% dei fondi ricevuti dall’ agenzia Onu era earmarked“. Tra i finanziatori dell’Oms, “a fare la parte del leone è la creatura di Bill Gates: la Bill & Melinda Gates Foundation (che vanta un patrimonio da 40 miliardi di dollari) ha destinato all’Oms quasi 444 milioni nel 2016, di cui circa 221 vincolati e quasi 457 milioni nel 2017, di cui 213 vincolati a programmi specifici”. Risultando il secondo donatore singolo dopo il governo degli Stati Uniti e davanti al Regno Unito.

Bill Gates si è in particolare concentrato sulla somministrazione dei vaccini nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto africani, affiancando all’impegno per l’Oms quello da finanziatore leader della Gavi Alliance, una partnership pubblico-privata emanazione della sua fondazione che non si limita a portare avanti la benemerita campagna delle vaccinazioni ma punta al tempo stesso a “plasmare” i mercati dell’immunizzazione nei Paesi oggetto d’intervento. 

“Viene da chiedersi come si ripercuotano questi intrecci sull’Oms, il cui operato, in tema di vaccinazioni, non è stato sempre immacolato”, prosegue La Verità. Troppe volte, in passato, è capitato che alcuni dei Paesi più poveri del pianeta ricevessero offerte di assistenza sanitaria che finivano per vincolarli alle grandi cause farmaceutiche internazionali con un sovraprezzo notevole per i servizi forniti. “Basti pensare al caso dell’ influenza suina, una finta emergenza denunciata dall’Oms nel giugno 2009, cioè pochi mesi dopo un preallarme dell’ agenzia Onu, che aveva indotto molti Paesi a stipulare impegni d’ acquisto di vaccini pandemici. Con tanto di assurda clausola contrattuale: gli accordi prevedevano la responsabilità a carico degli acquirenti in caso di effetti collaterali. Come se uno comprasse un elettrodomestico, ma per i malfunzionamenti, anziché essere coperto dalla garanzia, dovesse versare una penale all’azienda produttrice. Guarda caso, quei contratti sarebbero diventati vincolanti se l’Oms avesse annunciato lo scoppio di una pandemia”, cosa alla fine non avvenuta.

E sul ruolo non limpido di Bill Gates hanno avuto modo di esprimersi anche importanti personalità e istituzioni legate al mondo della sanità. Prima tra tutti nel 2013, Medici senza Frontiere, come segnalato in Immunità di leggesaggio frutto di una collaborazione tra il chirurgo e saggista Pierpaolo Dal Monte e “Il Pedante”, che ha accusato Gavi di imporre ai Paesi destinatari degli aiuti prezzi artificiosamente gonfiati per i vaccini, che finivano per alimentare regalie a multinazionali come Bayer e Novartis. A Msf ha fatto seguito Antoine Flahault, direttore dell’Istituto di Sanità Globale della facoltà di medicina dell’Università di Ginevra, secondo cui “oramai l’Oms è costretta a tenere conto di quello che Gates ritiene prioritario” e che ritiene, ad esempio, eccessiva la pretesa di Gates di vincolare fondi consistenti all’ampliamento della lotta alla polio in una fase che vede la malattia quasi debellata e nuove potenziali epidemie insorgere. Come segnala Repubblicatra il 2016 e il 2017 l’Oms ha destinato alla lotta alla polio, malattia oramai resa inoffensiva, “ben 894,5 milioni di dollari. 10 volte di più che alla prevenzione dell’Aids, la quarta causa di mortalità nei paesi poveri”.

Jean-Marie Kindermans, presidente dell’Agenzia Europea per lo Sviluppo e la Sanità, ha affermato che “se c’è un vero problema, all’Oms, riguarda il modo in cui vengono destinate le risorse” e la scelta delle priorità. Oramai vincolate e costrette a dipendere dalle logiche, diverse da quelle di chi dovrebbe combattere per la salute pubblica globale, del complesso della “filantropia capitalista”, come l’ha definita Peter Buffett, figlio del ricchissimo finanziere (e filantropo egli stesso) Warren. 

Come ha dichiarato Peter Buffett in un celebre articolo per il New York Times scritto nel 2013, la filantropia sta diventando un business enorme (con 9,4 milioni di occupati che distribuiscono 316 miliardi di dollari nei soli Stati Uniti), ma le disuguaglianze globali continuano a crescere a spirale, fuori controllo “e altre vite e comunità vengono distrutte dal sistema che crea immense quantità di ricchezza per i pochi”, mentre l’operato di organizzazioni come l’Oms è vincolato ai desiderata di pochi privati.  E il lato oscuro del “complesso benefico-industriale” si manifesta nel contesto di campagne nobili come quella per le vaccinazioni. Che vengono deviate a favore di una concentrazione ristretta di imprese e vedono i fondi ad essi dedicate eterodiretti senza alcun principio di efficienza ed efficacia. Mentre la capacità d’azione dell’Oms viene sacrificata in nome del “lavaggio di coscienza” di Bill Gates e della moglie.

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Marketing telelavoro

Marketing e Corona Virus: il telelavoro in questo periodo

Telelavoro, Marketing e Coronavirus: immagina che il tuo datore di lavoro ti chieda di lavorare da casa fino a nuovo avviso, cosa che sta succedendo nella maggior parte degli uffici. Purtroppo, mentre il COVID-19 continua a diffondersi, questo è uno scenario sempre più utilizzato. Infatti, tutti coloro che possono lavorare da casa dovrebbero lavorare da casa, a detta delle ultime regolamentazioni.

In Cina e nei paesi vicini, milioni di persone lo stanno facendo per la prima volta. Negli Stati Uniti, molte aziende hanno già preparato il personale a lavorare in remoto: Twitter, Apple, Microsoft, Amazon e così via.

La scorsa settimana a Dublino, Google ha inviato a casa 8.000 lavoratori per un giorno per provare uno scenario di lavoro a distanza esteso, dopo che un dipendente ha accusato sintomi simil-influenzali. In Australia, Cisco e Vodafone hanno temporaneamente chiuso gli uffici la scorsa settimana come misura precauzionale.

Insomma, tutto il mondo si sta preparando a gestire il telelavoro per via di una emergenza globale. Ma cosa ne sarà del buon vecchio marketing d’ufficio?

Quanto è comune lavorare da casa?

Forse non così raro come potresti pensare.

In molte aziende ci sono accordi di lavoro flessibili, ma ciò non significa necessariamente che i dipendenti possano lavorare da casa. Anche quelli a cui è permesso lavorare da casa possono essere autorizzati a farlo solo su base limitata. Ma oggi, questa emergenza, ha aperto nuove frontiere al telelavoro: con l’aumento dei tempi di pendolarismo, la cura delle responsabilità e lo stress dei luoghi di lavoro moderni, la ricerca afferma che la maggior parte dei dipendenti apprezzano molto la possibilità di lavorare da casa.

La ricerca ha anche messo in evidenza vantaggi tra cui l’aumento della produttività, valutato sia dai dipendenti che dai supervisori. Uno studio ha mostrato un aumento del 13% delle prestazioni per i dipendenti che lavorano da casa.

Lavorare da casa di solito significa che i dipendenti hanno una maggiore autonomia su come svolgono il loro lavoro, compresi gli orari e le condizioni del loro lavoro, e su come gestiscono la loro vita e altre responsabilità. Questi benefici del telelavoro hanno dimostrato di portare a una maggiore soddisfazione sul lavoro, un minore assenteismo e turnover, un maggiore impegno per l’organizzazione e, soprattutto, una riduzione di contatti fisici, in questo  momento così delicato, da non sottovalutare.

Come possiamo farlo funzionare?

Le organizzazioni possono aumentare il successo del lavoro da casa. La comunicazione regolare, in particolare l’uso della videoconferenza, può aiutare a garantire il coordinamento delle attività, il trasferimento delle conoscenze e la riduzione dell’isolamento sociale e professionale.

Infine, i dipendenti devono stabilire i confini tra lavoro e vita domestica. Essere in grado di suddividere queste sfere alla fine della giornata è importante sia per la salute fisica che mentale.

Purtroppo, non si sa ancora quando il COVID-19 sparirà dalla circolazione (speriamo molto presto), per cui molte aziende stanno sviluppando e implementando politiche di lavoro da casa per garantire la continuità aziendale. Se dipendenti e datori di lavoro riescono a trovare l’equilibrio e a beneficiare dei vantaggi di un telelavoro ben pianificato, questo focolaio di coronavirus potrebbe rivelarsi il punto di svolta per gli accordi di lavoro a distanza, che potrebbero divenire di prassi.

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Tecnologia

Scuola, eBook e Tecnologia

Nell’era della conoscenza e della comunicazione, il contributo della tecnologia, in particolare quella del web 2.0, ha trasformato il concetto di apprendimento a distanza in quello dell’e-learning e dell’apprendimento on-line. Queste tecniche si basano sull’utilizzo del CSCL (Computer Supported Collaborative Learning) e sono caratterizzate da un approccio pedagogico incentrato sullo studente, sulla cooperativa costruzione della conoscenza e sull’aumento della diversità delle basi di apprendimento.

L’apprendimento online

L’apprendimento on-line, infatti, rappresenta un’ottima opportunità per le università nel promuovere un accesso più ampio e più democratico alle risorse intellettuali, riducendo il divario sociale spesso legato all’apprendimento in loco. Tuttavia, l’utilizzo di metodi educativi per
l’e-learning richiede un’attenta analisi di diversi aspetti e problemi.

Gli eBook

Partiamo, per esempio, dal presupposto che uno studio di una determinata materia fosse solo ed esclusivamente basato su un eBook. Cosa è un eBook? E quale impatto avrà sull’insegnamento tradizionale? Un ebook è un libro in formato elettronico, scaricabile facilmente su un computer, un tablet, uno smartphone o qualsiasi altro tipo di dispositivo di lettura digitale e viene letto, analizzato e studiato direttamente sullo schermo; può avere pagine numerate, contenuti, immagini e grafici, esattamente come un libro stampato. È molto semplice e facile acquistare e scaricare ebooks tramite Internet e dopo il download non è necessario essere connessi ad Internet per poterne usufruire. Quindi, dove è il problema?

I vecchi libri di testo

I libri di testo tradizionali sono ancora venduti in milioni di copie in tutto il mondo, eppure, con il mercato della tecnologia in rapida crescita un eBook viene visto come un nuovo e più conveniente metodo di apprendimento.

Molti sostengono che i pro di questi strumenti di apprendimento interattivo sono vasti quanto la loro disponibilità; infatti: sono disponibili immediatamente e possono far risparmiare tempo e denaro; offrono collegamenti web e multimediali: questa è la chiave per arrivare dritta alla generazione di studenti odierna e del futuro più immediato, che parlano una lingua social e circa l’’81% degli insegnanti crede che ciò arricchisca l’istruzione di una classe; alcuni eBooks sono dotati di tecnologia TTS (Text-to-Speech) che possiede molteplici funzioni per migliorare l’esperienza di apprendimento; alcuni esempi includono l’aiuto per gli studenti affetti da dislessia o disfunzioni visive, la riduzione dello sforzo degli occhi, il miglioramento dell’apprendimento delle lingue straniere e il promuovere le abilità d’ascolto.

Fare Economia

Gli istituti non dovranno costantemente comprare nuove copie fisiche di libri di testo per aggiornamenti necessari, quindi, i libri elettronici sono un modo più economico per realizzare il proprio bagaglio culturale; ed ancora, costano in media il 50-60% in meno rispetto ai libri di testo e lo spazio di archiviazione è ridotto in Mb, infatti, i dispositivi digitali possono contenere centinaia di libri di testo, oltre a compiti a casa, quiz e altri file, eliminando, quindi, la necessità di archiviare fisicamente libri e appunti.

La nuova tecnologia didattica si sta collegando agli studenti con la lingua in cui sono abituati ad interagire, ma anche insegnando loro un adeguato apprendimento di tipo digitale; quindi, l’apprendimento digitale è il nuovo paradigma, e questo avvento è qualcosa per cui entusiasmarsi. Permette, e persino incoraggia e consente, l’interazione tra gli studenti, fornendo una pletora di nuovi strumenti per l’impegno e l’apprendimento più mirato.

Dati di treding aggiornati

Sulla base dei dati di trending digitale degli ultimi anni, si stima che l’utilizzo di eBooks continuerà a crescere proporzionalmente alle vendite continue di dispositivi con capacità di lettura e di connessione ad internet. La facilità di utilizzo dei libri digitali riduce enormemente le curve di apprendimento iniziali e si prevede che i livelli di comprensione e di impegno aumentino in modo significativo.

La possibilità di prendere nota di appunti, l’evidenziazione e la definizione di termini e frasi all’interno degli eBooks è ora disponibile, così come la possibilità di integrare lo studio accedendo a collegamenti di qualsiasi altro materiale presente sul web.

Tutte le risorse online o la metodologia di riferimento di ogni insegnante può essere visualizzata nello stesso modo su ogni dispositivo che gli studenti utilizzano per la lettura, rendendo così più costante e “alternativa” la sessione di studio. La proliferazione di un apprendimento tecnologico basata sul cloud e la collaborazione digitale, creerà un’atmosfera di condivisione sociale per studenti ed insegnanti all’interno di un unico portale centrale; sarà possibile accedere in qualsiasi momento a videoconferenze, documenti condivisi, letture, ricerche, test e tanto altro materiale didattico, ospitate nella “nube” da qualsiasi dispositivo, con l’opportunità di impegnarsi in collaborazioni in tempo reale ovunque e in qualsiasi momento.

Il Mercato Elettronico Digitale

Il mercato elettronico digitale cambia continuamente la tipologia di avanzamento dei dispositivi e gli aggiornamenti innovativi sono costanti, ma il materiale didattico sarà sempre a disposizione indipendentemente dalla tecnologia che avanza.

E allora perché gli eBooks ancora non convincono del tutto? E, perché una minima percentuale preferisce i cari vecchi libri di testo cartacei?

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