Apertura del capitale con quotazione in borsa grazie al Piano Industriale

Introduzione: la Borsa non è solo per i giganti

Quando si parla di “quotazione in Borsa”, molte PMI italiane si tirano indietro. Pensano sia un’opportunità riservata ai colossi o alle multinazionali. Eppure, la realtà è molto diversa: oggi, grazie a mercati regolamentati come Euronext Growth Milan (ex AIM), anche imprese con fatturati tra i 5 e i 50 milioni possono aprirsi al mercato dei capitali. E il punto di partenza per affrontare questo salto è uno solo: un piano industriale solido.

Non si va in Borsa per raccontare un sogno, ma per trasformare in capitale una strategia concreta. Per questo, il piano industriale diventa il cuore della narrazione e della credibilità aziendale. È ciò che permette all’impresa di raccontare dove vuole andare, come ci arriverà e perché ha senso investire in essa.

Che cos’è l’apertura del capitale?

A livello tecnico, l’apertura del capitale avviene quando un’azienda decide di cedere una quota del proprio capitale sociale a terzi, tipicamente attraverso la vendita di azioni. Questo può avvenire:

  • privatamente, verso un fondo o investitore strategico;
  • pubblicamente, tramite una Initial Public Offering (IPO) in Borsa.

Aprire il capitale consente all’azienda di raccogliere risorse per crescere, acquisire concorrenti, innovare, rafforzare la struttura finanziaria o internazionalizzarsi. Ma farlo tramite Borsa implica requisiti stringenti: trasparenza, credibilità e una visione ben strutturata.

Ecco perché il piano industriale è essenziale. È il documento che regge il messaggio verso il mercato e che guida tutta l’operazione di quotazione.

Il Piano Industriale come strumento di accesso ai capitali

Il piano industriale è molto più di una presentazione elegante. È il ponte tra l’azienda e gli investitori. Deve rispondere, in modo articolato e credibile, a tre domande chiave:

  1. Dove vogliamo andare?
  2. Come intendiamo arrivarci?
  3. Perché ci riusciremo meglio degli altri?

Per affrontare una quotazione, il piano industriale deve coprire almeno un orizzonte di 3-5 anni e contenere:

  • la descrizione del business e dei mercati di riferimento;
  • l’analisi competitiva;
  • le strategie di sviluppo (organico o per acquisizioni);
  • le esigenze finanziarie e la destinazione dei capitali raccolti;
  • la governance e il sistema di controllo interno;
  • le previsioni economiche e patrimoniali con simulazioni di scenario.

Chi investe in Borsa non compra solo azioni: compra una visione. E questa visione deve essere dettagliata, realistica e sostenibile. Il piano industriale è il documento che rende visibile e investibile il potenziale di un’azienda.

Quotazione: un processo, non un evento

Molti imprenditori pensano alla quotazione come a una meta finale, un traguardo da tagliare. In realtà è un punto di partenza. Il processo di IPO dura mediamente dai 6 ai 12 mesi e coinvolge numerosi attori: advisor finanziari, legali, revisori, banche d’affari, investitori istituzionali.

Tutto parte dal piano industriale, che viene trasformato nel documento informativo pubblico destinato al mercato. Ogni singolo dato contenuto nel piano viene sottoposto a due diligence, stress test, interrogazioni da parte di analisti e investitori.

Se il piano non regge, salta tutto. Se invece è costruito bene – su basi concrete e con una visione chiara – diventa il motore che convince il mercato.

L’importanza della coerenza: tra numeri e narrazione

Uno degli errori più comuni nelle IPO è l’incoerenza tra la parte qualitativa (la narrazione strategica) e la parte quantitativa (i numeri previsti). Un piano che promette una crescita del 20% annuo ma non prevede investimenti coerenti o che ignora i vincoli di produzione viene scartato.

Gli investitori leggono tutto. E se qualcosa non torna, perdono fiducia. Per questo il piano industriale va costruito insieme a figure esperte: advisor finanziari, esperti di M&A, CFO temporanei, analisti di mercato. La visione da sola non basta: servono basi solide, modelli finanziari rigorosi, benchmark e comparabili settoriali.

La parola chiave è credibilità. Solo un piano credibile permette all’azienda di posizionarsi con forza nel mercato dei capitali e ottenere una valutazione corretta.

Perché molte aziende falliscono la quotazione?

Non è raro che aziende avviate al processo di IPO si fermino a metà. Le cause principali sono quasi sempre legate a un piano industriale:

  • troppo ambizioso e irrealistico;
  • non supportato da dati o analisi di mercato;
  • troppo generico o vago nelle strategie;
  • privo di un piano di comunicazione finanziaria coerente.

Al contrario, le IPO che riescono sono quelle in cui il piano industriale viene trattato come un vero asset strategico: validato, rivisto, integrato con modelli finanziari, testato sotto diversi scenari.

Il ruolo dell’advisor e degli investitori anchor

Nel processo di IPO, un advisor esperto può fare la differenza. Aiuta l’azienda a:

  • costruire un piano industriale bancabile;
  • tradurre la strategia in un linguaggio comprensibile al mercato;
  • individuare i potenziali investitori istituzionali (anchor investor);
  • strutturare la governance e il management team secondo le best practice.

Spesso, i primi investitori che entrano nel capitale prima della quotazione (gli anchor investor) fanno proprio leva sulla qualità del piano industriale per decidere se scommettere sull’azienda.

Cosa succede dopo la quotazione?

Una volta raccolti i capitali, inizia la parte più delicata: mantenere la fiducia del mercato. Qui il piano industriale diventa la bussola con cui guidare le comunicazioni trimestrali, il confronto con gli analisti e le strategie future.

Ogni scostamento rispetto agli obiettivi va spiegato. Ogni evoluzione va inquadrata nella traiettoria delineata. Le aziende che performano male in Borsa spesso sono quelle che smettono di seguire il proprio piano o che lo cambiano in corsa senza comunicarlo adeguatamente.

Quotarsi in Borsa non significa solo ottenere fondi. Significa entrare in una nuova cultura: quella della trasparenza, della disciplina e della continuità strategica.


Esempio pratico: un’azienda tech verso l’IPO

Immaginiamo una scale-up italiana nel settore delle piattaforme cloud per la logistica. Ha 50 dipendenti, 12 milioni di euro di fatturato e punta a crescere in Europa.

Per quotarsi sull’Euronext Growth Milan, affida a un advisor la costruzione del piano industriale. Il piano individua 3 direttrici strategiche:

  • internazionalizzazione nei Paesi Bassi e in Francia;
  • lancio di un nuovo modulo software basato su AI;
  • acquisizione di una piccola azienda concorrente in Germania.

Il piano prevede un fabbisogno di 8 milioni di euro nei prossimi 24 mesi. Gli advisor costruiscono un business plan coerente, con proiezioni trimestrali e simulazioni conservative.

Viene organizzato un pre-marketing con fondi italiani ed europei. Grazie alla solidità del piano, tre anchor investor si impegnano a sottoscrivere il 40% dell’offerta.

L’IPO si chiude con successo. L’azienda raccoglie 9,2 milioni, viene valorizzata a 42 milioni e inizia il suo percorso da società quotata. Ma tutto è partito da lì: da un piano industriale scritto bene.


Conclusione

L’apertura del capitale tramite quotazione in Borsa non è un sogno per pochi, ma una possibilità concreta per molte PMI italiane. Ma per affrontarla servono visione, metodo e credibilità. E il primo passo è sempre lo stesso: un piano industriale solido, coerente, ben strutturato.

Chi riesce a raccontare bene il proprio futuro, ha molte più probabilità di trovare investitori pronti a scommettere su di lui.

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