Quando si parla di M&A, ovvero di fusioni e acquisizioni, il contratto di compravendita (SPA – Share Purchase Agreement) è il cuore legale dell’operazione. In esso si definiscono non solo il prezzo e le modalità di pagamento, ma anche tutta una serie di clausole che tutelano le parti, regolano i rischi e disciplinano gli scenari imprevisti. Conoscere a fondo queste clausole è essenziale per chiunque voglia affrontare un’operazione straordinaria con consapevolezza e strategia.
Perché le clausole fanno la differenza
Le clausole contrattuali non sono dettagli tecnici da lasciare agli avvocati. Sono strumenti concreti per proteggere valore, evitare sorprese e preservare l’equilibrio della trattativa anche dopo la firma. La differenza tra un affare riuscito e uno fallimentare spesso passa da una parola ben piazzata o una formulazione ambigua.
Ogni clausola ha uno scopo preciso: alcune limitano la libertà delle parti durante la trattativa, altre regolano ciò che può accadere tra signing e closing, altre ancora stabiliscono i rimedi se emergono problemi dopo l’acquisizione.
Vediamo ora le principali, con un linguaggio chiaro e accessibile.
Material Adverse Change (MAC): protezione dagli eventi negativi
La clausola MAC tutela l’acquirente tra il momento della firma (signing) e quello del trasferimento effettivo dell’azienda (closing). Serve a coprire il rischio che, in quel periodo, si verifichi un evento significativamente negativo che cambi le condizioni economiche o finanziarie dell’impresa target.
Ad esempio, una perdita improvvisa di fatturato, un contenzioso giudiziario importante, o l’abbandono di un cliente chiave potrebbero attivare la clausola. Se si verifica un “material adverse change”, l’acquirente può ritirarsi dall’affare senza penali.
Il punto delicato è definire cosa si intende per evento “materiale” e quali ambiti sono coperti (finanza, operatività, regolamenti, ecc.). La formulazione di questa clausola è spesso oggetto di negoziazione serrata.
No Shop Clause: esclusività garantita
La clausola No Shop impedisce al venditore di cercare, contattare o negoziare con altri potenziali acquirenti durante un periodo determinato. È una garanzia per chi ha già fatto un’offerta seria: evita che il venditore usi la proposta ricevuta per generare aste o condizioni migliori.
Questa clausola tutela l’investimento in tempo e risorse dell’acquirente, e può includere anche obblighi di segnalazione (ad esempio: se arriva una proposta alternativa, il venditore deve informare l’acquirente).
Esistono varianti più leggere, come la Go Shop clause, che consente al venditore di cercare offerte migliori ma impone di pagare una penale (break-up fee) in caso di recesso.
Indemnity Clause: risarcimento dei danni post-closing
L’indemnity clause (clausola di indennizzo) disciplina ciò che accade se, dopo la chiusura dell’affare, emergono problemi legati alla gestione passata dell’azienda: debiti nascosti, contenziosi fiscali, errori contabili, ecc.
In sostanza, il venditore si impegna a risarcire l’acquirente qualora si verifichino danni riconducibili a circostanze precedenti all’acquisizione. Queste clausole prevedono spesso:
- soglie minime di danno per attivare l’indennizzo (de minimis);
- limiti massimi (cap);
- termini di decadenza (tipicamente 12-24 mesi);
- procedure dettagliate di notifica.
Un’acquirente esperto chiederà sempre queste tutele, mentre un venditore cercherà di restringerle il più possibile.
Reps & Warranties: le dichiarazioni fondamentali
Le dichiarazioni e garanzie (representations and warranties) sono affermazioni che il venditore fa in merito alla situazione della società venduta: regolarità dei conti, assenza di contenziosi, rispetto delle normative, proprietà dei beni, situazione dei dipendenti, ecc.
Se si scopre che una di queste dichiarazioni è falsa o imprecisa, l’acquirente può chiedere l’indennizzo. Le reps & warranties sono il fondamento su cui si costruisce la fiducia nel contratto e sono strettamente collegate alla clausola di indemnity.
Spesso vengono accompagnate da un “disclosure letter”, un documento in cui il venditore segnala eccezioni o informazioni rilevanti che limitano la portata delle garanzie.
Earn-Out Clause: pagamenti condizionati
La clausola di earn-out stabilisce che parte del prezzo di vendita sarà corrisposto solo se l’azienda raggiunge determinati risultati (es. Ebitda, fatturato, crescita clienti) nei mesi successivi al closing.
Serve a colmare le distanze tra valutazioni diverse del venditore e dell’acquirente, ma è anche un modo per mantenere coinvolto il vecchio management nel futuro dell’azienda. Tuttavia, può generare conflitti se gli obiettivi non sono chiari o se le condizioni di mercato cambiano.
È cruciale definire con precisione:
- i criteri di misurazione,
- il periodo di osservazione,
- i metodi di calcolo,
- e chi ha il controllo operativo durante l’earn-out.
Covenants: obblighi di comportamento
I covenants sono obblighi che le parti si assumono tra signing e closing (interim covenants) o anche dopo il closing (post-closing covenants). Possono riguardare la gestione dell’azienda, la conservazione dei contratti chiave, la non concorrenza, la riservatezza, ecc.
Sono importanti perché mantengono in equilibrio l’operazione nel tempo, e spesso prevedono penali o risoluzioni se non rispettati. Un esempio classico è l’impegno a non assumere decisioni straordinarie tra firma e chiusura senza consenso.
Escrow Agreement: garanzie concrete
Un escrow è un conto vincolato dove viene depositata una parte del prezzo di vendita, da sbloccare solo dopo un certo periodo (es. 12-24 mesi), per coprire eventuali indennizzi. In caso di problemi, i soldi sono già lì, senza dover fare causa.
È una garanzia molto apprezzata dagli acquirenti, soprattutto nei mercati meno stabili o quando ci sono dubbi sulla solvibilità del venditore. Anche qui, i dettagli sono fondamentali: chi gestisce il conto, quali eventi danno diritto all’uso, tempi e modalità di svincolo.
Esempio pratico: le clausole in azione
Supponiamo che Andrea stia vendendo la sua azienda a un fondo di private equity. Le trattative durano mesi e si arriva a un accordo di 10 milioni di euro.
Il contratto finale prevede:
- una clausola MAC: se il fatturato cala oltre il 15% nei prossimi 60 giorni, l’acquirente può recedere;
- una clausola No Shop: Andrea non può cercare altri acquirenti per 90 giorni;
- reps & warranties dettagliate su bilancio, dipendenti e contenziosi;
- un escrow account da 1 milione di euro per 18 mesi;
- indemnity clause con cap massimo del 20% del prezzo;
- covenants post-closing di non concorrenza per 3 anni.
Due mesi dopo la firma, tutto procede bene e l’operazione si chiude. Ma a distanza di sei mesi emerge un contenzioso fiscale non dichiarato. Il fondo utilizza l’escrow per coprire parte del danno e attiva l’indennizzo per il resto. Grazie alla struttura contrattuale, il conflitto si risolve senza finire in tribunale.
Conclusione
Le clausole chiave di un contratto di M&A non sono semplici formalità: sono strumenti strategici che determinano l’equilibrio, la sicurezza e l’efficacia di tutta l’operazione. Comprenderle è il primo passo per negoziarle bene. E negoziarle bene è il segreto per portare a casa un buon affare.