Dainese venduta per 1 euro: il racconto M&A del salvataggio dai debiti

Origini del gruppo e acquisizioni recenti

Fondata nel 1972 da Lino Dainese a Colceresa (Vicenza), Dainese si è affermata come eccellenza italiana nell’abbigliamento tecnico per motociclisti, ciclisti, sport invernali ed equitazione.

Nel 2007 ha acquisito AGV, celebre per i caschi, rafforzando il suo posizionamento globale. Nel novembre 2014 Dainese è passata al fondo Investcorp; nel marzo 2022 Carlyle Group l’ha acquisita per circa 630 milioni di euro, in larga parte finanziati tramite bond da 285 milioni di euro sottoscritti da HPS e Arcmont.

La spirale del debito e le perdite

Nei tre anni successivi alla cessione, Dainese ha registrato bilanci in costante rosso. Il 2024 si è chiuso con una perdita netta di circa 120 milioni di euro, inclusi 86 milioni di svalutazione dell’avviamento.

Il fatturato è calato attorno a 189-190 milioni di euro, in diminuzione di circa il 9% rispetto all’anno precedente. Il debito netto ha raggiunto circa 300-322 milioni di euro, pari a circa 15 volte l’EBITDA stimato attorno ai 20 milioni di euro: un livello insostenibile rispetto agli standard industriali.

La dinamica dell’acquisizione simbolica

Nel luglio 2025, in una strategia da manuale di ristrutturazione tramite debt-to-equity swap, Dainese è stata ceduta per 1 euro simbolico ai suoi maggiori creditori, i fondi londinesi Arcmont Asset Management e HPS Investment Partners – quest’ultimo recentemente entrato in BlackRock.

Carlyle ha rinunciato alla titolarità trasformando debiti in equity, permettendo ai creditori di ottenere il controllo dell’azienda senza un esborso significativo.

I numeri chiave

  • Prezzo di vendita: 1 euro simbolico
  • Debito: circa 300 milioni di euro
  • Perdita 2024: 120 milioni di euro
  • Debito/EBITDA: ≈ 15x (EBITDA ≈ 20 milioni di euro)

Struttura finanziaria precedente

La transazione di Carlyle del 2022 era supportata da bond da 285 milioni di euro, integrati da un credito revolving da 52,5 milioni garantito da banche come UniCredit, Intesa Sanpaolo e Bank of America.

Nonostante una ricapitalizzazione da 15 milioni di euro a fine 2024, l’azienda non è riuscita a bloccare il trend negativo e il differimento delle cedole obbligazionarie ha fatto scattare l’iter di salvataggio.

Il ruolo di HPS e Arcmont

Entrambi già creditori per oltre 285 milioni di euro, HPS e Arcmont hanno convertito il credito in proprietà. HPS è un gigante americano del private debt; Arcmont è attiva nel mercato europeo mid-market, ora parte del gruppo Nuveen/BlackRock.

I fondi hanno iniettato ulteriori 25 milioni di euro per supportare il capitale circolante durante la negoziazione finale della cessione.

Impatti su operatività, dipendenti e fornitori

Secondo comunicati ufficiali e fonti di settore, il passaggio non comporterà impatti immediati sulle attività operative. Dipendenti, fornitori e clienti dovrebbero proseguire normalmente, almeno nella fase iniziale della ristrutturazione.

L’obiettivo dichiarato è consolidare la struttura patrimoniale e ridare flessibilità finanziaria alla società.

Il punto di vista del fondatore

Lino Dainese, fondatore dell’azienda, ha dichiarato di essere sorpreso e dispiaciuto per l’esito della vicenda, pur non essendo coinvolto nella gestione da oltre dieci anni. La cessione segna una nuova fase, probabilmente non quella che aveva immaginato.

Cosa significa per l’industria M&A

Questa operazione rappresenta un caso paradigmatico di debt-for-equity swap, sempre più comune nei distressed M&A: i creditori diventano azionisti per evitare l’insolvenza. La cessione nominale a 1 euro è possibile quando il debito supera di gran lunga il valore equo dell’azienda.

Prospettive future e rilancio

Gli obiettivi dei nuovi proprietari includono:

  • saldare o ristrutturare il debito
  • migliorare efficienza operativa e supply-chain
  • razionalizzare l’inventario accumulato durante la pandemia
  • rilanciare le vendite, specialmente nei mercati asiatici dove il brand ha perso terreno

Il nuovo assetto finanziario potrebbe permettere una ricapitalizzazione mirata e, auspicabilmente, una ripresa graduale delle performance.

Conclusioni

Il caso Dainese è emblematico: da brand italiano iconico a scenario di crisi finanziaria profonda, passando attraverso una vendita simbolica a 1 euro. È una cartina di tornasole del modo in cui i private equity gestiscono l’insolvenza senza sacrificare l’operatività, attraverso strumenti di conversione del debito.

Il rilancio sarà però una sfida complessa: richiederà disciplina gestionale, rinnovata capacità di penetrazione di mercato e sostenibilità finanziaria autorigenerante.

Nota: Questo articolo è stato redatto a fini informativi e divulgativi. Le informazioni contenute provengono da fonti pubbliche verificate e citate. In caso di richieste di rettifica o segnalazioni, si prega di contattarci tramite i canali ufficiali.

Fonti e riferimenti

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