Introduzione: perché le covenant contano davvero
Quando si parla di finanziamenti straordinari — acquisizioni, leverage buyout, management buy-in, passaggi generazionali, sviluppo internazionale — la prima attenzione va a tasso, durata e garanzie. Ma gli esiti di un’operazione dipendono spesso da un elemento meno visibile: le covenant. Sono clausole che collegano il finanziamento alla salute dell’azienda e al rispetto di alcune regole. Se ben progettate, proteggono sia chi presta sia chi riceve, creando allineamento e prevedibilità; se scritte male, diventano un freno, consumano tempo in waiver e possono innescare tensioni con i finanziatori.
In questa guida spieghiamo in modo chiaro cosa sono le covenant, come si classificano, quando sono utili e come negoziarle in modo intelligente nei finanziamenti straordinari. Vedremo quali metriche scegliere, come misurare gli “spazi di manovra”, quali diritti attivano in caso di superamento dei limiti e come impostare una governance che eviti sorprese. Chiudiamo con un esempio pratico applicabile alle PMI italiane.
Cosa sono le covenant e a cosa servono
Con “covenant” intendiamo impegni contrattuali, spesso misurati con indicatori oggettivi, che l’impresa si assume verso i finanziatori. Hanno due funzioni:
- Prevenzione: segnalano in anticipo eventuali deterioramenti, prima che diventino problemi di liquidità.
- Allineamento: guidano le scelte dell’azienda verso un profilo di rischio coerente con il piano che ha convinto i finanziatori.
Sono quindi uno strumento di disciplina finanziaria. Nei finanziamenti straordinari — dove leva, integrazioni post-acquisizione e volatilità dei risultati alzano l’incertezza — le covenant aiutano a “tenere la barra dritta”: definiscono soglie, tempi di verifica e rimedi.
Le principali tipologie di covenant
Nel linguaggio di mercato distinguiamo tre grandi famiglie.
Covenant finanziarie (maintenance e incurrence)
- Maintenance covenants: misurate periodicamente (tipicamente trimestralmente) e sempre operative. Se l’indicatore scende sotto/sopra una soglia, scatta un default tecnico salvo rimedi. Esempi: Net Debt/EBITDA, Interest Coverage (EBITDA/Interessi), Fixed Charge Coverage Ratio (FCCR), Leverage su ricavi o patrimonio.
- Incurrence covenants: si attivano solo al verificarsi di certi eventi (es. nuova emissione di debito, distribuzione dividendi, acquisizioni aggiuntive). Consentono l’azione solo se l’azienda supera determinati test (es. Leverage pro-forma ≤ x).
Affirmative e negative covenants
- Affirmative: impegni a fare (mantenere assicurazioni, rispettare leggi, fornire reporting periodico, mantenere garanzie, pagare imposte, fare audit).
- Negative: impegni a non fare o a farlo entro limiti (no nuovi debiti, no garanzie a terzi, negative pledge, limiti a distribuzioni e extra investimenti, restrizioni su M&A add-on, asset sale con reinvestimento obbligatorio).
Covenant informative e di processo
Non misurano numeri, ma definiscono come si decide: calendario di reporting, right to audit, obbligo di budget annuale, pre-approval per capex oltre una soglia, comunicazione immediata di eventi rilevanti (variazioni management, contenziosi, sinistri).
Finanziamenti straordinari: come cambiano le covenant
I finanziamenti “ordinari” (linee autoliquidanti, mutui per investimenti) hanno covenant relativamente semplici. Nei finanziamenti straordinari l’architettura è più articolata perché il rischio è più alto e variabile. Alcune caratteristiche tipiche:
- Pro-forma: gli indicatori tengono conto di acquisizioni appena concluse o previste (inclusa la stima delle sinergie “ragionevolmente realizzabili”).
- Step-down/step-up: le soglie si allentano o si irrigidiscono nel tempo, in coerenza con il piano di deleveraging e con l’integrazione post-merger.
- Baskets e carve-out: spazi di manovra predefiniti (ad es. fino a 2x EBITDA in acquisizioni add-on l’anno; distribuzioni entro il 25% dell’utile se Leverage < 2,5x).
- Equity cure: diritto degli azionisti di iniettare capitale per “curare” il test fallito; spesso limitato a n volte per durata del prestito e con regole su cosa si può curare.
- Holiday/reset: possibilità di sospendere temporaneamente un test o ritarare le soglie in presenza di eventi eccezionali (pandemie, shock esogeni) previo consenso dei finanziatori.
I principali indicatori: pro e contro
Leverage (Net Debt/EBITDA)
È il barometro della sostenibilità del debito. Facile da calcolare e da confrontare con il mercato; rischia però di essere fuorviante quando l’EBITDA è volatile o “aggiustato” in modo aggressivo. È utile prevedere definizioni chiare di add-back (sinergie, non ricorrenti, costi di integrazione) con limiti quantitativi.
Interest Coverage (ICR) e Fixed Charge Coverage (FCCR)
Misurano la capacità di servizio del debito. Con tassi variabili o strutture unitranche, l’ICR diventa essenziale. Il FCCR includendo anche quota capitale, canoni e capex “di mantenimento” dà una visione più completa ma è più discusso in fase di definizione.
Limiti a capex, dividendi e M&A add-on
Non sono vere e proprie “formule”, ma soglie di policy. Servono a preservare liquidità nei primi anni post-deal. Un eccesso di rigidità può frenare la crescita; per questo sono frequenti baskets cumulativi (“se non usi il plafond nel 2026, lo puoi sommare al 2027”) e test di portineria (“permesso solo se Leverage < x”).
Cash sweep e lock-up
Il cash sweep destina una parte della cassa libera a rimborsi anticipati. Il lock-up blocca dividendi e bonus oltre certe condizioni. Sono strumenti potenti per accelerare il deleveraging, ma vanno calibrati per non penalizzare piani di investimento e retention del management.
Covenant e struttura del debito: banche, private debt, mezzanino, minibond
La “cultura delle covenant” cambia in base al tipo di finanziatore.
- Banche: preferiscono maintenance covenants chiare e frequenti, con attenzione a garanzie reali e ipoteche. Più rigidità in materia di distribuzioni e M&A add-on.
- Private debt / fondi di direct lending: maggiore flessibilità su forme e strumenti, apertura a incurrence covenants e a equity cure generose, in cambio di pricing più alto e diritti informativi estesi.
- Mezzanino / strumenti ibridi: covenant più leggere, focus su incurrence legate a eventi (dividendi, nuova leva) e su diritti di conversione o partecipazione ai risultati.
- Minibond: dipende dal regolamento; spesso covenant finanziarie “light” con disclosure periodica al mercato e a investitori professionali.
Come progettare le covenant: dal piano industriale alla term sheet
Il punto di partenza è sempre il piano industriale. Le covenant non devono essere “aggiunte dopo”: vanno disegnate insieme al piano e allo scenario di rischi.
- Definisci le ipotesi chiave (volumi, prezzi, mix, capex, sinergie).
- Costruisci scenari: base, pessimistico e ottimistico; misura l’effetto su EBITDA, cassa e leva.
- Deriva le soglie: scegli indicatori pochi ma essenziali; simula trimestralmente gli “headroom” (spazio rispetto alla soglia) per 12–24 mesi post-closing.
- Progetta rimedi: definisci a priori cure, waiver e priorità di azione se un test si avvicina al limite.
Il risultato è una term sheet coerente: poche formule, definizioni non ambigue, tempistiche di test realistiche, reporting digitale e governance snella.
Negoziare con intelligenza: cosa chiedere e cosa concedere
Sii trasparente sugli add-back
Gli aggiustamenti all’EBITDA sono spesso il terreno di scontro. Tenere una lista chiusa e numericamente limitata di voci (es. costi di integrazione fino a 1,0x, sinergie “verificabili” fino a 0,5x) aumenta la fiducia e riduce discussioni.
Equilibrio tra crescita e protezione
Se il piano prevede acquisizioni add-on o capex importanti, chiedi baskets dedicati e meccanismi di portineria legati al Leverage pro-forma. In cambio, accetta cash sweep progressivi o limiti a distribuzioni finché non si raggiungono determinate soglie.
Equity cure e reset
Pretendi un diritto di equity cure chiaro: numero massimo di utilizzi, tempi (entro 30–60 giorni dal test), natura dei fondi (cash “fresco”, non prestiti intra-gruppo), destinazione (riduzione del debito o incremento dell’EBITDA per il solo test). Prevedi anche la possibilità di un reset in presenza di eventi straordinari non imputabili al management.
Governance e tempi
Fissa un calendario: chi invia i dati, quando, in che formato. Prevedi una finestra di tolleranza su ritardi minori, evitando default formali per aspetti meramente procedurali. Stabilire in anticipo chi può concedere un waiver (maggioranze dei finanziatori, advisor indipendente) evita impasse.
Dal closing alla gestione: come monitorare senza ingessare
Le covenant sono utili se diventano rituali di gestione.
- Dashboard mensile: pochi KPI chiave, trend, headroom, previsioni a 3–6 mesi, alert automatici.
- Comitato finanziamenti: incontri fissi (mensili o bimestrali) con CFO, CEO e responsabile M&A; revisione delle iniziative correttive e, se necessario, dialogo preventivo con i finanziatori.
- Early warning: definisci soglie “interne” più conservative delle covenant (es. alert a 0,5x di distanza dal limite) per muoverti per tempo.
- Relazione aperta: condividere tempestivamente deviazioni e rimedi aumenta la probabilità di ottenere flessibilità quando serve.
Errori da evitare (imparati sul campo)
- Troppe covenant: più formule non significano più controllo. Meglio tre indicatori ben definiti che sette sovrapposti.
- Definizioni opache: “EBITDA rettificato” senza lista chiusa di add-back è una ricetta per il contenzioso.
- Test non realistici: piani con stagionalità forte richiedono soglie mobili e test trimestrali coerenti.
- Assenza di rimedi: senza equity cure o reset, basta un trimestre difficile per aprire la stagione dei waiver.
- Reporting manuale: se i numeri si assemblano in Excel ogni volta, il rischio di errore aumenta. Automazione e controllo versioni sono essenziali.
Covenant e M&A: il ponte con l’integrazione post-acquisizione
Nel primo anno post-deal l’azienda affronta integration, retention dei talenti, migrazione IT, riallineamento di prezzi e fornitori. Tutto questo impatta su ricavi, costi e capitale circolante. Le covenant devono riflettere questo percorso: step-down coerenti, spazio per costi di integrazione, meccanismi che premiano il cash generato (e non lo divorano in sweep troppo aggressivi). Un buon contratto prevede una finestra d’integrazione con maggiore tolleranza su alcuni test, in cambio di milestone verificabili (es. migrazione ERP completata, sinergie costi tracciate).
Focus PMI: come portare le covenant nella cultura aziendale
Le PMI spesso vivono le covenant come imposizioni. In realtà possono diventare strumenti manageriali:
- aiutano a disciplinare investimenti,
- istituiscono una cadenza di confronto con i numeri,
- spingono all’integrazione dei dati (vendite, produzione, finanza),
- favoriscono la trasparenza verso soci e finanziatori.
La chiave è spiegare al middle management cosa si misura e perché. Se i responsabili commerciali e operativi comprendono come una variazione del mix impatta su EBITDA e su Leverage, il rispetto delle covenant diventa un obiettivo condiviso.
Come prepararsi alla negoziazione: il “pacchetto covenant”
Prima di aprire il tavolo con le controparti, prepara un pacchetto completo:
- proiezioni trimestrali di EBITDA, cassa, Leverage e ICR con scenari;
- definizioni desiderate (EBITDA, cassa, capex di mantenimento), add-back proposti e loro limiti;
- proposta di baskets per M&A add-on, capex e dividendi;
- disciplina di equity cure e reset;
- workflow di reporting e ruoli della governance;
- esempi di dashboard e formato dati.
Arrivare preparati facilita l’accordo e accende un segnale positivo ai finanziatori: l’azienda è consapevole e organizzata.
Caso pratico: negoziare e gestire covenant in un’operazione di crescita per linee esterne
Scenario: PMI veneta da 40 milioni di ricavi, specializzata in componenti per macchine agricole. Margini solidi (EBITDA 6,5 milioni), bassa leva (Net Debt 5 milioni). Obiettivo: acquisire un’azienda tedesca complementare da 18 milioni di ricavi e 2,5 milioni di EBITDA per accelerare l’export e l’offerta di service.
Struttura del finanziamento: linea unitranche da 22 milioni + capitale soci 6 milioni + linee circolanti 5 milioni. Piano di deleveraging: Leverage pro-forma 3,6x al closing, discesa a 2,8x in 18 mesi grazie a sinergie e cross-selling.
Proposta covenant:
- Leverage (Net Debt/EBITDA) maintenance con step-down: ≤ 4,0x per i primi due trimestri post-closing; 3,5x dal Q3; 3,0x dal Q7.
- Interest Coverage (EBITDA/Interessi) ≥ 3,0x stabile.
- Cash sweep al 30% della cassa libera con riduzione al 15% se Leverage < 3,0x.
- Baskets M&A add-on: fino a 1,0x EBITDA annuo con test pro-forma (Leverage post add-on ≤ 3,5x), processi di approval semplificati.
- Dividendi: concessi solo se Leverage < 2,75x e ICR > 3,5x, entro il 25% dell’utile.
- Equity cure: massimo 2 volte in 24 mesi, entro 45 giorni dal test, fondi cash; consentito l’utilizzo per il calcolo dell’EBITDA solo ai fini del test fallito.
- Reporting: dashboard mensile, test ufficiale trimestrale; audit semestrale su add-back e sinergie dichiarate.
Gestione nel primo anno:
- Q2 post-closing: ritardo nella migrazione ERP del target tedesco, incremento WIP e capitale circolante; headroom Leverage scende a 0,6x dal limite. Task force congiunta su supply chain, piano di cassa settimanale, rinegoziazione contratti energetici, blocco temporaneo capex non critici.
- Q3: attivato programma di cross-selling su 40 clienti condivisi; sinergie costi procurement documentate per 0,7 milioni run-rate. Headroom risale a 1,2x.
- Q4: richiesto waiver per spostare di un trimestre lo step-down a 3,5x alla luce del ritardo ERP; presentato piano correttivo e milestone di completamento. Concesso con fee moderata e mantenimento cash sweep al 30% fino a fine Q4.
Lezioni: l’architettura iniziale (baskets, equity cure, governance) ha dato flessibilità sufficiente senza snaturare la disciplina; la trasparenza sui numeri ha reso rapido il waiver.
Esempio pratico finale: applicare i concetti nella tua azienda
Immagina di voler finanziare un passaggio generazionale con contestuale acquisizione di una piccola società di service che integra il tuo core. Ecco come tradurre questa guida in azione:
- Scrivi la tesi e il piano: ricavi, margini, capex, sinergie e calendario integrazione. Fai tre scenari trimestrali per 24 mesi.
- Scegli 3–4 covenant: Leverage, ICR o FCCR, limiti a dividendi e capex. Definisci chiaramente add-back (massimo 1,0x) e un equity cure utilizzabile 2 volte.
- Disegna i baskets: M&A add-on fino a 0,5x EBITDA/anno con test pro-forma; capex “sviluppo” con portineria se Leverage < 3,0x.
- Negozia una finestra d’integrazione: step-down più morbidi nei primi 6–9 mesi, cash sweep progressivo.
- Imposta la governance: dashboard mensile, comitato finanziamenti, soglie interne di early warning. Automatizza i dati dal gestionale.
- Prepara i rimedi: elenco di azioni pre-approvate se headroom scende (pricing, taglio capex, rinegoziazione forniture, attivazione equity cure, richiesta reset).
Così le covenant smettono di essere “paletti” generici e diventano una cintura di sicurezza per raggiungere gli obiettivi dell’operazione con più serenità.