Introduzione: due termini simili, ma non uguali
Nel mondo delle operazioni straordinarie e delle fusioni e acquisizioni (M&A), si parla spesso di “equity” e di “private equity” come se fossero sinonimi. In realtà, rappresentano concetti diversi, con implicazioni distinte per imprenditori, investitori e aziende coinvolte in processi di crescita, trasformazione o cessione. Comprendere la differenza tra questi due termini è fondamentale per prendere decisioni consapevoli e strutturare operazioni efficaci.
Questo articolo nasce per chiarire, con linguaggio semplice e accessibile, cosa si intende per equity, cosa rappresenta il private equity e come questi due concetti si distinguono — soprattutto all’interno di operazioni M&A.
Cos’è l’Equity nelle operazioni M&A
Il termine “equity” fa riferimento alla quota di proprietà di una società. In un’operazione M&A, l’equity rappresenta il valore economico che viene trasferito, venduto o diluito nel corso dell’operazione. In pratica, è ciò che l’imprenditore o gli azionisti detengono in termini di partecipazione societaria.
Quando una società viene venduta, l’acquirente può comprare:
- Tutta l’equity (acquisizione totale)
- Una parte dell’equity (acquisizione parziale o ingresso di un socio)
Oppure, può essere previsto un aumento di capitale: l’equity complessivo cresce, ma le quote si ridistribuiscono.
In termini più generali, l’equity può riferirsi anche a ciò che resta agli azionisti dopo aver dedotto i debiti dal valore totale dell’impresa (il cosiddetto patrimonio netto). Ma nel contesto M&A, il focus è sulla proprietà e sul valore che essa rappresenta in una transazione.
Cos’è il Private Equity: molto più che una quota societaria
Il private equity è una forma specifica e strutturata di investimento in equity. Ma non è semplicemente qualcuno che compra una quota: è un operatore professionale che investe capitale privato in aziende non quotate, con l’obiettivo di generare valore e uscire dall’investimento dopo un periodo definito (di solito 5-7 anni).
Le società di private equity non si limitano a detenere una partecipazione: intervengono attivamente nella governance, introducono managerialità, finanziano la crescita e preparano l’azienda per una successiva cessione o quotazione. Spesso utilizzano anche leve finanziarie (debito) per massimizzare i ritorni.
In un’operazione M&A, il private equity può agire:
- Come acquirente (buyout)
- Come partner finanziario in un management buy-in o buy-out (MBI/MBO)
- Come investitore in un aumento di capitale per espansione
A differenza dell’investitore industriale, il private equity non è interessato a gestire l’azienda a lungo termine, ma a valorizzarla e poi uscire con un ritorno significativo.
Le principali differenze tra Equity e Private Equity
La differenza chiave sta nel ruolo e nella finalità dell’investimento. Mentre l’equity è una parte della proprietà, il private equity è una strategia di investimento professionale che utilizza l’equity come strumento per generare ritorni.
Ecco le distinzioni fondamentali:
- Soggetto: l’equity può essere detenuto da chiunque (imprenditori, familiari, soci), mentre il private equity è gestito da fondi professionali.
- Obiettivo: l’equity rappresenta una partecipazione stabile o di lungo periodo; il private equity ha un obiettivo di valorizzazione e uscita a medio termine.
- Coinvolgimento: chi detiene equity può essere passivo; il private equity è quasi sempre attivo nella gestione strategica.
- Durata: l’equity può restare in azienda per decenni; il private equity entra con una timeline precisa di exit.
- Metodo di accesso: l’equity può derivare da una cessione o da un’eredità; il private equity entra attraverso operazioni complesse, spesso con due diligence approfondite, patti parasociali e leve finanziarie.
Come influiscono su una transazione M&A
In una tipica operazione M&A, l’equity è il cuore della negoziazione. Si tratta di capire quale parte di proprietà viene trasferita, a che valutazione, con quali garanzie e con quali condizioni di pagamento.
Quando invece entra in gioco un private equity, l’operazione prende un’impostazione più tecnica e finanziaria:
- C’è un focus sulla valutazione dell’EBITDA e sul moltiplicatore
- Vengono analizzati i flussi di cassa per valutare l’effetto leva (LBO)
- Si struttura una governance condivisa tra imprenditore e fondo
- Si prevede già in anticipo una strategia di uscita (exit)
Il private equity può acquistare quote esistenti (equity secondario), oppure sottoscrivere un aumento di capitale (equity primario). In entrambi i casi, il suo approccio è orientato al rendimento e alla trasformazione dell’impresa.
Perché è importante capirne la differenza
Molti imprenditori confondono l’ingresso di un fondo con la semplice cessione di quote. In realtà, accogliere un private equity significa molto di più: implica una ridefinizione del ruolo del fondatore, l’introduzione di governance, la condivisione di obiettivi di crescita e, spesso, un’accelerazione verso la futura vendita dell’intera azienda.
Allo stesso tempo, molte operazioni M&A avvengono senza fondi, tra aziende industriali o con soci di minoranza: qui l’equity è semplicemente uno strumento di passaggio generazionale, diversificazione o consolidamento.
Capire questa differenza aiuta a:
- Valutare meglio le proposte ricevute
- Scegliere il partner giusto in base agli obiettivi
- Prepararsi psicologicamente e strategicamente al cambiamento
Esempio pratico: due strade, due risultati
Scenario A – Vendita di equity a un partner industriale Mario, imprenditore veneto nel settore impiantistico, vende il 40% della sua azienda a una multinazionale tedesca. L’obiettivo è espandersi in nuovi mercati. I nuovi soci portano relazioni commerciali e know-how. Mario mantiene il controllo operativo, non cambia governance. L’equity ceduto è statico e strategico.
Scenario B – Ingresso di un fondo di private equity Giulia, titolare di una PMI cosmetica in crescita, accoglie un fondo che acquista il 60% della società, immette 2 milioni di capitale per scalare la produzione e inserisce un nuovo CEO. Giulia resta nel board e mantiene il 40%, con un’opzione di uscita in 5 anni. Dopo 6 anni, il fondo vende l’intera società a un gruppo internazionale: Giulia monetizza anche la sua quota residua con una valorizzazione doppia.
Morale: in entrambi i casi si parla di “equity”, ma nel secondo l’operazione è un classico esempio di private equity in finanza straordinaria. Con finalità, struttura e risultati completamente diversi.
Conclusione
Equity e private equity sono termini vicini, ma non intercambiabili. Se l’equity è la materia prima delle operazioni M&A, il private equity è uno strumento evoluto e strategico che ne sfrutta le potenzialità per generare valore, trasformazione e crescita accelerata.
Per gli imprenditori, saperli distinguere è il primo passo per affrontare con lucidità e visione ogni possibile operazione straordinaria.