Categorie
due diligence

Cos’è la Qualità degli Utili e l’EBITDA Normalizzato dal punto di vista del potenziale acquirente

Introduzione

Nel mondo delle operazioni di M&A (fusioni e acquisizioni), ogni valutazione aziendale parte da una domanda semplice ma fondamentale: quanto vale davvero questa impresa? A determinare la risposta non è solo il bilancio, ma la capacità di quell’azienda di generare utili sostenibili nel tempo. Ed è qui che entrano in gioco due concetti chiave: la qualità degli utili e l’EBITDA normalizzato.

Comprendere e saper analizzare questi due indicatori è essenziale per un potenziale acquirente, perché rappresentano la differenza tra un investimento sicuro e un salto nel buio. In questo articolo analizzeremo cosa significano, come si calcolano e soprattutto come vanno interpretati dal punto di vista di chi valuta un’azienda in vista di un’acquisizione.


La qualità degli utili: oltre i numeri del bilancio

Quando si parla di qualità degli utili (Quality of Earnings, QoE) non ci si riferisce alla quantità del profitto, ma alla sua affidabilità. In altre parole: quanto quegli utili rappresentano davvero la performance ricorrente dell’azienda e quanto invece sono influenzati da fattori eccezionali o una contabilità “creativa”.

Un utile può sembrare alto, ma se deriva da una vendita straordinaria di un immobile, da una politica di ammortamenti particolarmente favorevole o da crediti difficilmente esigibili, non è detto che sia sostenibile nel tempo. Per questo motivo, il potenziale acquirente non si limita a leggere il bilancio, ma indaga la qualità degli utili per capire se quei numeri rispecchiano davvero la redditività operativa del business.

Gli elementi chiave dell’analisi della qualità degli utili

Un’analisi di QoE solida si concentra su alcuni aspetti fondamentali:

  • Ricavi ricorrenti vs. straordinari: capire quale parte del fatturato è strutturale e quale è legata a eventi una tantum.
  • Marginalità operativa: valutare la coerenza dei margini rispetto al settore e alle variazioni dei costi.
  • Politiche contabili: analizzare ammortamenti, svalutazioni, accantonamenti e criteri di riconoscimento dei ricavi.
  • Cassa vs. competenza: verificare se i profitti dichiarati si traducono effettivamente in flussi di cassa.

L’obiettivo è isolare gli elementi non ricorrenti e ricostruire un utile “pulito”, rappresentativo del reale potenziale economico dell’azienda.


L’EBITDA normalizzato: un indicatore da leggere con intelligenza

L’EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization) è uno dei parametri più usati per valutare un’azienda, perché misura la redditività operativa prima degli effetti finanziari e fiscali. Tuttavia, non tutti gli EBITDA sono uguali. Per questo si parla di EBITDA normalizzato.

Normalizzare l’EBITDA significa correggerlo da tutte le componenti non ricorrenti, straordinarie o non legate all’attività tipica, in modo da ottenere una misura realistica e sostenibile nel tempo.

Cosa si intende per normalizzazione dell’EBITDA

Le rettifiche tipiche includono:

  • Costi non ricorrenti, come spese legali straordinarie, consulenze per una ristrutturazione o eventi eccezionali.
  • Ricavi una tantum, come la vendita di un asset o un contributo pubblico non strutturale.
  • Compensi “anormali” agli amministratori o ai soci, spesso rivisti per allinearsi al valore di mercato.
  • Effetti contabili particolari, ad esempio rivalutazioni o cambiamenti nei criteri di ammortamento.

Il risultato è un EBITDA rettificato che rappresenta la vera capacità dell’azienda di generare margini operativi. Questo numero diventa la base per la valutazione, spesso moltiplicato per un coefficiente (multiplo di mercato) per stimare il valore d’impresa (Enterprise Value).


Perché l’EBITDA normalizzato è cruciale per l’acquirente

Dal punto di vista di chi acquista, l’EBITDA normalizzato è come un “filtro” che consente di vedere la realtà dietro i numeri. Un EBITDA gonfiato da elementi straordinari può portare a una sopravvalutazione e quindi a un investimento errato. Viceversa, un EBITDA sottostimato può rappresentare un’opportunità, se il potenziale acquirente individua margini di miglioramento.

In sintesi, l’acquirente vuole capire:

  1. Quanto guadagna davvero l’azienda in condizioni normali.
  2. Se i margini sono replicabili nel futuro.
  3. Quanto rischio c’è che i profitti diminuiscano dopo l’acquisizione.

Queste valutazioni aiutano a determinare non solo il prezzo, ma anche la struttura dell’operazione: earn-out, clausole di aggiustamento prezzo, garanzie e patti di non concorrenza dipendono direttamente dalla solidità dell’EBITDA normalizzato.


L’impatto della Due Diligence nella valutazione della qualità degli utili

Durante la fase di Due Diligence, l’analisi della qualità degli utili è uno dei momenti più delicati. Il team dell’acquirente verifica la coerenza dei dati storici, analizza la composizione dei ricavi e confronta i margini con benchmark di settore. Spesso si richiede un report di Quality of Earnings redatto da un advisor indipendente, che fornisce una fotografia oggettiva e trasparente.

Questo documento può rivelare elementi cruciali: ricavi gonfiati, costi occultati, margini insostenibili o squilibri nella gestione del capitale circolante. Tutti aspetti che possono cambiare radicalmente il valore percepito dell’impresa.


Il punto di vista del venditore (e perché deve preoccuparsene)

Anche se questo articolo guarda dal lato dell’acquirente, è importante sottolineare che la qualità degli utili interessa anche il venditore. Presentare un bilancio trasparente, con un EBITDA normalizzato chiaro e difendibile, può aumentare la fiducia del potenziale acquirente e migliorare le condizioni di vendita.

Un’impresa che si prepara in anticipo, magari attraverso una pre-due diligence, mostra professionalità e solidità. In sostanza, migliorare la qualità degli utili significa anche migliorare la vendibilità dell’azienda.


Esempio pratico: l’acquisizione di una PMI del settore manifatturiero

Immaginiamo che un fondo di investimento stia valutando l’acquisto di una PMI veneta che produce componenti meccanici. Il bilancio mostra un EBITDA di 4 milioni di euro. Tuttavia, durante la due diligence emergono alcune anomalie:

  • 400.000 euro di ricavi derivano da una commessa straordinaria non ripetibile.
  • 150.000 euro di costi legali sono legati a una controversia ormai conclusa.
  • I compensi all’amministratore unico risultano superiori al valore di mercato di circa 200.000 euro.

Dopo le opportune rettifiche, l’EBITDA normalizzato risulta pari a 3,8 milioni di euro. Questo dato, più realistico, viene utilizzato per applicare un multiplo di 6x, portando a una valutazione di 22,8 milioni di euro (invece dei 24 milioni stimati inizialmente).

Grazie all’analisi della qualità degli utili, il fondo evita di pagare un prezzo eccessivo e dispone di una base solida per la negoziazione.


Conclusioni

Per un acquirente, comprendere la qualità degli utili e normalizzare l’EBITDA non è un esercizio tecnico, ma un passaggio strategico. Significa capire la vera forza economica dell’impresa, distinguere il valore temporaneo da quello strutturale, e prendere decisioni basate su dati realistici.

In ogni operazione di M&A, la fiducia nasce dalla trasparenza. E un’analisi rigorosa della qualità degli utili è il modo più concreto per costruirla.

2025

Chiusura Estiva

dal 4 al 24 Agosto

Partecipa a

INSIDE BRASILE


7 maggio ore 15:30 – Piazza Borsa, 3b | Treviso.

Insieme alla camera di Commercio di Treviso discuteremo di opportunità e modalità di export e business sul Brasile che attualmente è molto attenta ai prodotti Italiani.


2024

Chiusura Estiva

dal 9 al 23 Agosto