Introduzione
Nel panorama delle operazioni di fusione e acquisizione, il private equity gioca un ruolo da protagonista. Non è solo un attore finanziario: è un motore di crescita, un partner strategico che può trasformare una buona azienda in un’eccellenza. Ma per farlo, deve integrare visione industriale, capacità manageriali e competenze finanziarie. In questo articolo esamineremo cos’è il private equity, in che modo interviene nelle operazioni di M&A, quali sono le leve di value creation e rischi da considerare, e infine vedremo un caso italiano recente per capire come si applica concretamente nel contesto nazionale.
Che cosa intendiamo per “private equity”
Il private equity (o “capitale privato”) è una forma di investimento in società non quotate, attraverso l’assunzione di partecipazioni (minoritarie o, più spesso, di maggioranza), con l’obiettivo di aumentare il valore dell’azienda in un orizzonte medio-termine (tipicamente 3-7 anni) e poi disinvestire (exit) realizzando un profitto per gli investitori del fondo.
Rispetto ad altri strumenti di investimento, il private equity combina l’apporto di capitale con una componente attiva di governance, supporto manageriale, riallineamento strategico e spesso operazioni di M&A interne (buy & build, acquisizioni bolt-on, spin-off, ristrutturazioni).
Un fondo di private equity raccoglie capitali da investitori istituzionali (fondi pensione, fondi sovrani, family office, assicurazioni) e li impiega in una selezione di imprese target, gestendo un portafoglio diversificato.
Il private equity come partner nel processo M&A
Quando un’operazione di M&A coinvolge un fondo di private equity — come acquirente o come co-investitore — alcune dinamiche specifiche entrano in gioco:
- Orientamento all’orizzonte temporale: il fondo ha scadenze, obiettivi di rendimento attesi, vincoli di periodo di investimento e di disinvestimento. Questo impone che ogni operazione sia valutata con attenzione anche dal punto di vista dell’exit strategy.
- Governance attiva e controllo: nel corso dell’holding, il private equity interviene non solo come azionista, ma spesso insedia consiglieri, affianca il management con figure esperte (CFO, COO, consulenti strategici) e definisce milestone operative.
- Leva finanziaria e struttura del debito: molte operazioni di private equity (lbo, leveraged buy-out) prevedono l’utilizzo di debito (leva) per ottimizzare il rendimento dell’equity. Il debito deve essere sostenibile e ben calibrato.
- Value creation attraverso M&A secondarie: spesso, il fondo acquisisce una piattaforma aziendale e poi la struttura, tramite operazioni bolt-on o acquisizioni addizionali, per creare sinergie, economie di scala e crescite integrate.
- Uscita (exit): il piano di uscita può essere una vendita a un altro soggetto strategico, una quotazione in borsa, una fusione, o la vendita della partecipazione ad altri fondi. L’operazione di M&A iniziale deve quindi essere pensata con l’occhio all’exit.
In sintesi, il private equity si colloca non come un semplice acquirente, ma come un catalizzatore di trasformazione, disegno strategico e acceleratore di valore.
Le fasi chiave di un’operazione M&A con private equity
Affinché una transazione con private equity abbia successo, passano alcune fasi critiche:
1. Origination e deal sourcing
I fondi cercano opportunità attraverso reti, advisor, banche d’affari, relazioni industriali, scouting diretto. Il deal sourcing è fondamentale perché la qualità della pipeline determina la qualità degli investimenti futuri.
2. Due diligence approfondita
Oltre agli aspetti usuali — contabili, legali, fiscali, operativi — il private equity pone attenzione a: struttura del capitale circolante, processi industriali, tecnologia, capacità manageriale, scalabilità, potenziale di acquisizioni integrate (bolt-on), e rischi ESG (ambientali, sociali e di governance).
3. Strutturazione finanziaria
Il fondo definisce la combinazione tra equity e debito, condizioni finanziarie, covenant, garanzie e struttura del capitale. Il leverage deve essere scelto in modo che l’azienda possa reggere sia nei momenti favorevoli sia nelle fasi critiche.
4. Pianificazione value creation
Il fondo e il management preparano un piano operativo e strategico: espansione commerciale, innovazione di prodotto, consolidamenti, sinergie, digitalizzazione, miglioramento della redditività e dell’efficienza.
5. Execution e monitoraggio
Durante la fase di holding, il fondo esercita la sua influenza operativa: monitoraggio continuo, reportistica, supporto manageriale, eventuali interventi correttivi. Alcune decisioni (investimenti extra, acquisizioni addizionali) vengono prese in corso d’opera.
6. Exit / disinvestimento
Il fondo valuta il momento ottimale per uscire: cessione a un buyer strategico, IPO, secondary buy-out, vendita ad altri fondi. Il timing conta molto per massimizzare il rendimento.
Le leve di creazione di valore (value creation)
Un fondo di private equity opera attivamente per far crescere il valore dell’azienda target attraverso alcune leve:
- Crescita organica accelerata: investimenti commerciali, espansione in nuove aree geografiche, sviluppo di nuovi prodotti o diversificazione.
- Integrazioni e acquisizioni bolt-on: aggiunta di aziende complementari per ottenere economie di scala, sinergie, ampliamento di linee di prodotto o accesso a clienti nuovi.
- Efficienza operativa: snellimento dei processi, riduzione dei costi fissi, miglior gestione del capitale circolante.
- Ristrutturazioni finanziarie: ottimizzazione della struttura finanziaria, rifinanziamento, riduzione del costo del capitale.
- Governance e management: rafforzamento del team, inserimento di competenze specifiche, incentivazione del management attraverso sistemi di stock option o carry.
- Digital transformation e innovazione: uso della tecnologia per migliorare produttività, controllo, canali digitali e nuovi modelli di business.
L’efficacia di queste leve dipende da un assessment iniziale rigoroso e da un’attuazione disciplinata.
Rischi e criticità da considerare
Anche se il modello private equity è potente, non è privo di rischi:
- Eccessiva leva finanziaria: un indebitamento troppo elevato può amplificare shock negativi se il business subisce contraccolpi.
- Rischio operativo: se il piano strategico o le sinergie falliscono, si compromette il valore atteso.
- Allineamento con management: conflitti di interesse, resistenze culturali o disallineamenti tra obiettivi del fondo e obiettivi del management.
- Exit difficile: mercati in calo, condizioni macroeconomiche sfavorevoli o scarsa appetibilità del settore possono ostacolare l’uscita.
- Costi di transazione e complessità: le attività di integrazione, ristrutturazione e governance possono richiedere tempo e risorse superiori al previsto.
- Fattori ESG e normative: compliance ambientale, normativa antitrust, politiche regolatorie possono introdurre vincoli e rallentamenti.
Un’analisi prudente e una gestione attenta dei rischi sono essenziali per mitigare queste criticità.
Il private equity e il mercato italiano: scenario attuale e trend
Negli ultimi anni il private equity in Italia ha registrato una crescita significativa, consolidandosi come leva rilevante per lo sviluppo delle imprese, in particolare delle PMI. Ecco alcuni dati recenti:
- Secondo il Private Equity Monitor (PEM®), nel 2024 in Italia sono state concluse 419 operazioni, con un incremento dell’3% rispetto al 2023. www.avvocatodelbusiness.com
- Le operazioni di buy-out hanno rappresentato l’81 % del totale. www.avvocatodelbusiness.com
- Circa il 56 % degli investimenti è stato guidato da operatori internazionali. www.avvocatodelbusiness.com
- Il multiplo EV/EBITDA medio è salito a 11,1× nel 2024, da 10,5× nel 2023. www.avvocatodelbusiness.com
- Il mercato del mid-market ha mostrato un’accelerazione importante: nel 2024 l’Italia ha superato i 56,4 miliardi di euro investiti in 496 operazioni, con un ruolo di primo piano per le PMI. Econopoly+1
- Il fondo di fondi Private Equity Italia Tre (FOF PEI Tre), promosso da Fondo Italiano d’Investimento con CDP, punta a raccogliere €600 milioni. Nel primo closing ha già totalizzato €230 milioni. Fondo Italiano d’Investimento+2Fondo Italiano d’Investimento+2
- Il Fondo Italiano d’Investimento gestisce anche altri veicoli dedicati al private equity e al consolidamento, come il Fondo Italiano Consolidamento e Crescita (FICC). Cassa Depositi e Prestiti+1
- Il fondo FIPEC (Fondo Italiano Private Equity Co-investimenti) ha raggiunto un secondo closing da €113 milioni verso un target di €150 milioni. pe-insights.com
- Secondo dati di BeBeez Private Data, in Italia nel 2024 sono stati chiusi 588 deal (contro 549 nel 2023). bebeez.eu
Questi indicatori mostrano un mercato italiano attivo e in espansione, con un crescente appeal per operatori internazionali e una focalizzazione verso le PMI. Il fatto che gran parte delle operazioni siano buy-out testimonia l’orientamento verso acquisizioni con controllo operativo attivo.
Esempio pratico italiano recente
Consideriamo il fondo di fondi FOF PEI Tre: è un caso emblematico di come il private equity stia intervenendo nel tessuto imprenditoriale italiano. Con un primo closing da €230 milioni — già raccolto su un obiettivo di €600 milioni — questo veicolo intende allocare capitali verso fondi che investono in PMI italiane, sostenendone percorsi di crescita e piani di consolidamento. Fondo Italiano d’Investimento+1
In parallelo, il crescente numero di operazioni nel mid-market testimonia l’interesse verso aziende familiari ben posizionate, capaci di essere scalate con supporto manageriale e capitali freschi. Econopoly+2Itinerari Previdenziali+2
Un altro caso rilevante è la gestione da parte di CDP (Cassa Depositi e Prestiti) del Fondo Italiano d’Investimento, che con linee come FITEC (Tecnologia & Crescita) investe in imprese italiane con potenziale tecnologico. Cassa Depositi e Prestiti+1
Tutto ciò dimostra che l’ecosistema del private equity in Italia sta diventando più strutturato, con strumenti locali, veicoli di investimento nazionali, e una crescente collaborazione tra attori istituzionali e operatori privati.
Conclusione
Il private equity, nelle operazioni di M&A, non è solo un acquirente: è un partner strategico che apporta capitale, competenze, visione e governance. La sua presenza rende le operazioni più sofisticate, orientate al valore e al risultato. Tuttavia, questo modello richiede rigore, attenzione alla pianificazione, gestione dei rischi e una forte disciplina operativa.
In Italia, il mercato è in fermento: cresce il numero di deal, come dimostrano i dati 2024/2025, e stanno emergendo veicoli locali — come FOF PEI Tre, FIPEC e i fondi promossi dal Fondo Italiano d’Investimento — che contribuiscono a rafforzare il tessuto del private equity domestico e ad avvicinare capitali alle PMI con potenziale.
Chiunque operi nel campo dell’advisory, dell’imprenditoria o degli investimenti deve conoscere a fondo le dinamiche del private equity: è da lì che passano molte delle operazioni più significative di crescita, consolidamento e sviluppo.